Bambini, autostima e artimarziali

L’autostima nei bambini è una chimera che quasi tutti i genitori inseguono con l’obiettivo di crescere figli forti e pronti alla sfide che la vita riserva loro. Tuttavia, vuoi per distrazione, inconsapevolezza, pressione sociale percepita, a volte può accadere di esprimere frasi o trasmettere messaggi che vanno nella direzione opposta e che mettono in discussione la capacità del bambino di fare affidamento sulle proprie forze e di avere fiducia nella proprie capacità.

In questo periodio di nuove iscrizioni, i genitori portano i loro figli a provare la nostra arte marziale e spesso mi dicono che il loro figlio “non è in grado” oppure “non è proprio portato” e tutto questo davanti al bambino che guarda rassegnato a terra o il vuoto davanti a sè. Il mio sangue si raggela e cerco pacatamente di “addolcire la situazione”, dicendo che forse non è ancora in grado ma lo sarà presto, che molte cose si imparano, che ognuno ha i propri tempi e il proprio talento.

Queste situazioni stimolano continuamente il mio pensiero e quindi mi sono rivolto a delle professioniste della psicologia e della pedagogia per aprire un confronto e una collaborazione sul tema, con l’obiettivo di migliorare l’intervento con il bambino e con i genitori che si affacciano al mondo dello sport, per integrare la didattica con sistemi formativi che non si limitano all’insegnamento di manovre tecniche atte alla difesa personale o al corretto sviluppo fisico e motorio, ma anche ad un più generale benessere psicologico del bambino.

Che cos’è l’autostima quindi? E come promuoverla?

La parola alle professioniste di “PraticaMente”, servizio psico-educativo per la famiglia, che ringrazio per la collaborazione.

L’autostima è un termine derivante dal mondo della psicologia e che cosa sia, è difficile spiegarlo in poche parole, ma la definizione più accreditata in letteratura è quella di Battistelli che la definisce come un “insieme dei giudizi valutativi che un individuo ha di sè stesso”, nei diversi ambiti dell’esistenza (area interpersonale, emotiva, scolastica, familiare, corporea).

Tale auto-valutazione si costruisce, passo dopo passo, durante l’età evolutiva

e dipende, soprattutto, dal rapporto con le figure significative (genitori in primis, insegnanti ed educatori poi) che si prendono cura del bambino, dalla loro capacità di infondergli sicurezza e fiducia.

L’autostima influenza il senso di “autoefficacia”, cioè la consapevolezza di essere capace di dominare specifiche attività, situazioni o aspetti del proprio funzionamento psicologico e sociale. In altre parole, è la percezione che abbiamo di noi stessi di sapere di essere in grado di fare, sentire, esprimere, essere o divenire qualcosa. Da queste convinzioni su sè stessi derivano valutazioni che portano alla formazione di mete e obiettivi.

L’autostima, e di conseguenza, l’autoefficacia, sono quindi fondamentali sia per progettare e raggiungere obiettivi salienti sia per “rimanere in piedi” di fronte a piccoli e grandi insuccessi, che prima o poi, segnagno la vita di tutti noi. In poche parole: “ho sbagliato, ho fallito in questo specifico compito, ma io valgo comunque”.

Come promuovere, quindi, l’autostima dei propri figli o dei propri allievi? Non esiste una regola unica e generale, esistono però alcuni aspetti a cui porre attenzione.

E’ estremamente importante evitare di “etichettare” il bambino, a maggior ragione se non ha ancora avuto il tempo di cimentarsi in un’attività e di mettersi alla prova. Il “tanto lui non è in grado…” ed altre etichette simili a questa rimangono addosso generando una “profezia che si autoavvera”.

Se il bambino manifesta emozioni negative come la paura , non bisogna ignorare o banalizzare i suoi sentimenti ma accoglierli: “è comprensibile tu abbia paura, ma provandoci diminuirà, ti sono accanto ha un impatto decisamente diverso dal non essere sciocco, non avere paura.

Mettersi in guardia dalle generalizzazioni valutative: trasmettere l’idea al bambino dinon valere nulla” oppure di essere unfigo” genera fraintendimenti cognitivi, generalizzazioni che sbilanciano la percezione di verso un polo piuttosto che l’altro, senza favorire l’analisi critica delle reali potenzialità e dei limiti, creando aspettative o troppo elevate o troppo basse.

Il genitore/l’educatore/l’allenatore non deve eccedere nelle critiche, perché il rischio è di far vivere al bambino la sensazione di non essere in grado di fare le cose e di sminuire le sue capacità. Bisogna però fare attenzione anche all’eccessiva protezione: l’iperprotezione rimanda l’idea di non essere sufficientemente capace e bravo.

Evitare, infine, di rispondere agli insuccessi del bambino con atteggiamenti di insofferenza (non considerare il bambino, isolarlo, sbuffare) o umilianti (rimproverare il bambino in pubblico, confrontarlo con coetanei o fratelli).

Il genitore e in generale le figure che hanno una valenza educativa per il bambino sono chiamati quindi ad un compito sicuramente non semplice: essere consapevoli di questi aspetti e ricordare che l’autostima germoglia soprattutto a partire da un’accettazione incondizionata del bambino, indipendentemente dalle sue prestazioni, e dalla valorizzazione dei punti di forza che ogni bambino ha, in essere e in divenire.

Nel libro “Quando manca l’applauso. Come aiutare i nostri figli ad affrontare l’insuccesso” (R. Gilardi) si afferma “se vuoi costruire autostima nel bambino, insegnagli a fare una torta”. Preparare un dolce insieme significa: “dedicare tempo, e dedicare tempo significa trasferire valore, quel valore e quell’amore per sè che magicamente prende corpo e si cimenta nell’animo di una persona che sente di essere importante, di avere valore ed essere degno di amore, attenzione e tempo dedicato”.

Ogni genitore, educatore, allenatore ha il dificile ma al contempo prezioso compito di costruire torte con i bambini! E allora buon impasto!

Francesco Gardini con la preziosa collaborazione di Elisa, Sara e Valeria.